RIFLESSIONI SUL REFERENDUM NEL VCO DEL 21 OTTOBRE
Interventi
RIFLESSIONI SUL
REFERENDUM NEL VCO DEL 21 OTTOBRE
Come cittadino del
VCO il 21 ottobre voterò al referendum consultivo sulla possibilità di far aderire la mia terra alla Lombardia,
andrò a votare e voterò SI.
So che sarà
difficile raggiungere il “quorum” ma bisogna provarci e - trattandosi di un
voto consuntivo - se vinceranno i SI dovranno comunque essere esaminati bene
molti aspetti prima di una qualsiasi scelta definitiva.
Credo che
l’importante sarà però davvero
l’ ANDARE A VOTARE (devono votare SI il 50,1% degli aventi diritto e quindi
servirà una alta percentuale di votanti) soprattutto per far capire al Piemonte che per
il Verbano Cusio Ossola serve più attenzione in questa situazione di emarginazione
amministrativa, stretti tra due regioni una più vicina, utopica e sorridente (La Lombardia) e l’altra – il
Piemonte - al cui territorio
apparteniamo da 375 anni ma di cui siamo (come il primo giorno) solo “un’
appendice annessa” senza averne anima, attenzione, storia, buone comunicazioni.
Questo referendum potrebbe
quindi essere innanzitutto UNA OCCASIONE SERIA per riflettere su di noi, sulla nostra “nuova provincia”
(ormai da 25 anni!) sulla nostra autonomia concretamente mancata di cui ero e sono convinto assertore.
Amo il mio lago,
le nostre montagne, la terra di questa provincia di cui sono uno dei
fondatori e che si è chiamata VERBANO CUSIO OSSOLA avendo preso ufficialmente questo nome perché è stato
approvato un MIO emendamento in consiglio regionale (e questo lo sanno in
pochi…) alla legge istitutiva.
Sono stato - credo
- la persona che per più tempo l’ha mai rappresentata in Parlamento dall’ Unità
d’Italia in poi, la conosco bene ed è per questo che chiedo una riflessione profonda
ed è un peccato che questo dibattito durerà forse – soprattutto se il
referendum venisse bocciato - solo lo spazio di mezza estate.
LA STORIA E LA
REALTA’
Cominciamo con il
dire che un paese serio dovrebbe potersi organizzare con flessibilità e secondo
necessità, con logiche e non a compartimenti stagni, evolvendo le proprie
regole e gli ambiti amministrativi, delegando le competenze ai diversi livelli tenendo
conto dei singoli bacini di utenza.
Si sono invece man
mano cristallizzati steccati e apparati burocratici soprattutto a livello
regionale e così lo stare un passo di qua o di là di un confine significa avere amministrazioni, referenti,
leggi, regolamenti diversi.
Tra Piemonte e Lombardia sono poi perennemente in
corso diatribe a volte cretine e spesso confliggenti che sembrano fatte apposta per bloccare o ritardare tutto.
Vi sono tante
problematiche per le quali sarebbe
logico che tutto il Lago Maggiore e l’Ossola fossero da tempo terre lombarde:
comunicazioni, sanità, problemi ecologici e ambientali, ferrovie, trasporti,
istruzione.
Visto che l’acqua
della Valdossola e del Lao finisce nel Ticino è la conferma geografica di tutto
questo.
Poi ci sono i
confini amministrativi della ex provincia di Novara divisa malamente in due in
una logica di contrapposizione politica degli anni ’80 (“Tengo di qui un comune
(Pettenasco – ndr) perché vota DC, con
Omegna quell’altro perché lì vince il PCI”: follie) con il conseguente fallimento
del tentativo più organico e serio di autonomia che era quel “Comprensorio del
VCO,” vero anticipatore della nuova provincia.
Alla fine fu il “
Se vogliamo che la provincia arrivi prendiamo il treno alla svelta, passa solo
ora, salga chi vuole” e così Pettenasco
e Armeno sono rimaste novaresi pur a due passi dalla sede della provincia del
VCO ma sono comunque nell’ASL di Verbania, oppure Lesa venne divisa da
Belgirate: sciocchezze che si sono pagate a una politica miope che – per
esempio - ha distrutto l’unità storica
del Cusio.
Fin qui la storia
recente, ma che pur va ricordata e da qui partono alcuni aspetti che vanno
spiegati bene per decidere al Referendum, sperando che almeno su questi si
faccia chiarezza:
1)
Se
il referendum non passa per mancanza di quorum (è possibile, se non addirittura
molto probabile) tutto resterà definitivamente com’è, saremo ancora più
marginali e dimenticati da Torino sottolineando di non avere avuto neppure la
forza e la voglia di approfondire un discorso serio sul nostro futuro: decisamente
non meriteremmo nulla
2)
Se
il referendum passa – e a questo punto credo che il SI sarebbe più o meno largamente “lombardo” - la regione Piemonte
dovrà pur prenderne atto e decidere finalmente (forse) alcuni cambiamenti, non
fosse – credo – che per orgoglio istituzionale .
3)
Poche
o tante che saranno queste concessioni economiche o di autonomia saranno
comunque positive dal punto di vista dei finanziamenti, degli interventi e per
gli interessi del territorio. Lo “scippo” dei canoni idrici e la conseguente
crisi finanziaria della provincia è stato un esempio nauseante di menefreghismo
torinese, non è giusto che nessuno lo ricordi.
4)
Ma
se vincerà il SI verso la Lombardia, cosa concretamente offrirà Milano nei
confronti del nuovo territorio? Anche e soprattutto questo è fondamentale ed importante:
va aperta una trattativa chiara, perché essere accettati ma non graditi - restando
di fatto periferia o inglobati da Varese - non poterebbe a nulla di buono.
I TANTI PROBLEMI
APERTI
Ci sono una
infinita serie di problemi aperti che andrebbero meglio discussi: ulteriore
divisione del Cusio, rapporti con Novara, servizi comuni NO-VCO da spacchettare
o meno (e se anche Novara passasse in tutto o in parte con la Lombardia? Quanti
problemi risolti!).
Questo perché - per
esempio - sarebbe assurdo avere un VCO lombardo e un Aronese ancora in
Piemonte.
Certo ci sono
aspetti che in termini di servizi resi alle persone costerebbero globalmente di
meno alla Regione Lombardia che non oggi a Torino: l’integrazione sanitaria,
per esempio, ma anche la gestione dei trasporti, il turismo.
Sarebbero più
facili tutti quei rapporti che
obiettivamente con la Lombardia ci sono
già da sempre visti i concreti e già attuali “Bacini di utenza” e questa è la effettiva realtà
in economia, commercio, distanze, comunicazioni.
Sono poi già da
sempre a trazione lombarda – di fatto – anche
la cultura e il mondo universitario e quindi se la cultura e l’economia
anticipano i tempi la risposta al referendum c’è già: siamo logicamente,
praticamente e storicamente lombardi e
non avrebbe senso – se ben accettati e
amministrativamente inseriti - continuare un lontano rapporto con Torino.
La
delusione sta infatti proprio qui: dopo
50 anni di autonomia regionale il Piemonte
formale non ha attecchito, non c’è orgoglio o senso di appartenenza, non ci
“sente” partecipi alla comunità regionale se non per le scelte istituzionali.
Quando in consiglio regionale, a Torino, citavo le nostre zone mi guardavano
come un alieno: nessuno le conosceva, nessuno le aveva visitate.
In
questo senso l’unico nuovo e vero collante con il sud e l’ovest del Piemonte è
stata – per fortuna – la costruzione della A26.
Grande occasione
persa, quindi, ma i confini sembrano allargarsi anziché restringersi e questo è
un fatto, piaccia o meno, a testimoniare la lontananza di un centro regionale
disinteressato e sciatto.
Non
è un caso che - in concreto - perfino la legge elettorale regionale non preveda neppure l’elezione minima di un consigliere regionale eletto nel
VCO che - per la questione dei “resti” – può perdere così la propria rappresentanza
territoriale: è una follia!
Esempi, appunto, ma
con tanti altri aspetti da approfondire terminando con una nota personale, ma illuminante.
L’unica carica (gratuita!!)
che orgogliosamente ho conservato - per tradizione isolana e di famiglia - è di essere il Commissario Italiano alla
pesca nelle acque comuni italo – svizzere (laghi Maggiore e di Lugano).
Acque comuni che
sono svizzere, piemontesi e lombarde, con gli stessi pesci e gli stessi problemi, ma poiché tutti gli altri laghi prealpini
importanti sono lombardi (quello di Como, Garda e Iseo) a Milano i problemi della pesca e delle acque
interne sono ben seguiti dalla Regione Lombardia con competenza e
professionalità.
Ma una sponda del Lago
Maggiore è piemontese e quindi Torino è altrettanto coinvolta in tutto su problematiche che in regione Piemonte non interessano a nulla
e nessuno e tutto regolarmente si ferma in un dialogo tra sordi con funzionari
piemontesi che non sanno nulla di queste realtà.
Come sarebbe
semplice poter risolvere tutto rapportandoci con un solo assessorato
lombardo! Lo facevano già gli spagnoli
400 anni fa decidendo al Senato di Milano, i loro regolamenti spesso valgono
ancora oggi… ma siamo ritornati molto indietro rispetto al punto di partenza.
L’INSUBRIA
C’è infine un alro
aspetto che dovrebbe essere preso in considerazione dal punto di vista
strategico, anche se potrebbe apparire utopico.
Quando si parla di
“Regio Insubria” non si vuole non si dovrebbe inventare un nuovo inciampo
burocratico, ma sottolineare che - di fatto- i problemi oggi non si dividono più in senso geografico verticale (come oggi
avviene tra le sponde del Ticino) ma semmai mettendo insieme problemi piemontesi,
svizzero-ticinesi e lombardi del versante sud delle Alpi, delle Prealpi e di
quel’area “Pedemontana” che ha caratteristiche molto simili da Biella fino a
Brescia.
Guardate la
storia: era la realtà di popolazioni simili unite già 2.500 anni fa e che a
Golasecca fondavano una civiltà!
Una “regione
europea” vera, internazionale ed interregionale, che oggi sarebbe forte ma che è
spacchettata e divisa. Un’area importante di quella che dovrebbe essere l’
unica “Macroregione” del Nord Ovest, l’indispensabile e vera rivoluzione
politico-amministrativa italiana e che ci vedrebbe proprio al centro e non in
periferia di quest’area di sviluppo.
Se la politica
ragionasse in prospettiva questo dovrebbe essere il punto di partenza per un dibattito
serio pre e post-referendum.
Chiacchiere che
temo purtroppo saranno solo al vento, perché poi oggi la realtà ci notifica che
non c’è neppure un’autostrada completata per evitare la periferia del capoluogo
lombardo e per andare in treno da Domodossola a Torino si deve passare per Milano:
ecco la “non risposta” politico-amministrativa ai veri problemi della gente.
Sono pensieri, molti
altri saranno da chiarire nelle prossime settimane.
Intanto segnatevi
la data del 21 ottobre: sarà comunque importante.
Marco Zacchera