IL PUNTO n 994 del 28 MARZO 2025
di MARCO ZACCHERA
Per
scrivermi o contattarmi: marco.zacchera@libero.it
Numeri
arretrati sul mio sito www.marcozacchera.it
ATTENZIONE:
Da tempo ogni settimana diversi indirizzi si auto-cancellano per motivi
sconosciuti. Questa settimana siamo intervenuti “recuperando” tecnicamente
circa 3000 indirizzi “spenti” e quindi qualcuno dovrebbe ricominciare da questo
numero a ricevere IL PUNTO in maniera automatica. Se ciò è avvenuto anche
a voi, grazie di segnalarcelo e ben ritrovati.
Potrebbe
essere, però, che qualche indirizzo fosse stato volutamente cancellato ed in
questo caso mi scuso per il nuovo disturbo: per cancellarsi definitivamente
basta cliccare in calce alla mail, dove indicato. Grazie per la collaborazione
e l’amicizia!
CI HANNO RUBATO L’EUROPA
Alcuni
lettori mi chiedono perché in questi mesi io attacchi spesso “questa” Europa e
particolarmente la Presidente della Commissione, Von der Leyen.
Lo spiego
subito: mi hanno “rubato” l’Europa.
La “mia”
Europa, quella del sogno che ha accompagnato la mia generazione, che ci
sembrava impossibile ed invece è nata, cresciuta, salvo poi incancrenirsi con
l’arrivo dell’Euro, utile e forse necessaria moneta unica, ma gestita
soprattutto per interessi di pochi ed unendo troppo frettolosamente economie
ancora molto diverse, con prezzi interni e pressioni fiscali divergenti.
Ecco il
punto: all’Europa “politica”, quella delle scelte, dei principi, della volontà
di crescere insieme, è subentrata un’altra cosa: l’Europa della BCE,
degli interessi finanziari più o meno coperti, dei grandi capitali e delle
banche e non quelli dei cittadini. Un affare per alcune banche ed alcuni
stati, un disastro per altri.
Alla fine
non è la Commissione a comandare e tantomeno il Parlamento Europeo, ma appunto
la BCE il cui vertice non è eletto, ma imposto. Un’Europa dove si impone rigore
ma convivono i paradisi fiscali lussemburghesi e i benefit olandesi, poco
solidare ma piena di sprechi, con una sua burocrazia costosa e cresciuta peggio
di quelle nazionali, poco controllata e non trasparente.
Il marcio
viene proprio dal vertice: pochi controlli, silenzi-stampa, stravolgimento
delle richieste dei cittadini europei veleggiando a volte verso teoriche
demagogiche ed utopie con scelte su cui gli europei non possono dire nulla,
anche perché non eleggono il bord
della BCE, la Commissione e tantomeno la Presidente.
Un Europa
che, per esempio, non vuol capire come strategicamente (certamente dopo Putin, magari tra
decenni, il quando non lo so) avrà però bisogno della Russia perché solo così
si completa in termini energetici e di mercato, ma anche storici. Invece no,
tutti succubi del “politicamente corretto”.
Ma dov’era
l’Europa PRIMA del 2022 quando c’era da discutere anche con Putin? Mille
dubbi, tanta tristezza, ci hanno rubato la “nostra” Europa.
URSULA NON PIACE
Comunque
non sono il solo a pensarla così: secondo il sondaggio di “Termometro Politico”
della scorsa settimana sui rapporti tra Ursula Von der Leyen e gli italiani il
risultato è clamoroso: solo
il 3,8% avrebbe “molto” fiducia in lei, il 19,9 % dichiara di
avere “abbastanza fiducia” mentre quasi il
75% clamorosamente la boccia (il 46% addirittura non ne ha
“nessuna fiducia”). Dati che fanno riflettere, ma chissà perché vengono così
poco diffusi dai media: danno fastidio?
In compenso
ANSA comunica che secondo “Eurobarometro” (istituto demoscopico peraltro pagato proprio dall’
Europa) il 74% degli
Europei sono contenti di esserlo e addirittura il 66% vorrebbe maggiore
sicurezza militare (punta dell’87% in Svezia). Dati
incongruenti? Chi è del settore sa che la risposta dipende soprattutto da come
sono poste le domande.
TRUMP ESAGERA
“Il troppo
storpia” e Trump
sta esagerando. Non tanto e non solo con i dazi che peraltro aveva annunciato
(e credo diventeranno soprattutto forma di pressione politica), quanto con i
suoi slogan roboanti. Per esempio con il suo “Vogliamo la Groenlandia” dimostra
non solo di non essere minimamente un diplomatico, ma rischia di ottenere
risultati opposti.
LO “STRAPPO” DI PRODI
Romano
Prodi perde le staffe sul “Manifesto di Ventotene” perché non è in
grado di rispondere, si infuria e tira i capelli a una giornalista. Scoppia il
caso, ma davvero non mi sembra ci sia stata alcuna violenza e non sono questi i
problemi che devono interessare l’Italia, piuttosto la situazione economica e
politica europea che lo stesso Prodi ha creato e sulla quale non avverte la
necessità di fare (finalmente) un po' di autocritica.
Approfondimento:
DAL “MITO” del "MANIFESTO" ALLA GITA
A VENTOTENE
Peccato che
gli italiani conoscano così poco la propria storia!
La polemica
sul “Manifesto di Ventotene” sarebbe stata ben diversa se i deputati della
sinistra che urlavano settimana scorsa alla Camera contro la Meloni avessero
davvero letto davvero il
documento prima
di scalmanarsi, perché il “Manifesto” è forse diventato un mito, ma davvero da
quel documento nulla di concreto – checche ne dica Benigni – e per fortuna
è nato in Europa, né poteva nascere perché i suoi padri fondatori – da Adenauer a De Gasperi, da Schuman a
Spaak - tutto erano tranne che federalisti o estremisti come Altiero Spinelli e Ernesto Rossi
che ipotizzavano un’ Europa laica, federale, sostanzialmente comunista e
guidata da un élite (perché “il popolo è ancora immaturo”) che governasse con
un sistema socialista rivoluzionario (anzi di “dittatura rivoluzionaria”) ed
addirittura di fatto abolendo la proprietà privata, oltre che le imprese
capitalistiche e dimostrando un odio aperto verso la Chiesa cattolica.
“Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo
stato” concludeva
l’appello, ma L’Europa che
è nata dopo la guerra NON è una federazione e non è cresciuta (per fortuna!)
con quelle basi ideali.
Un po'
patetica quindi la scampagnata di sabato a Ventotene di un paio di aentinaio di
persone vicine al PD (dalla
“lotta di classe” siamo passati alla “gita di classe”!?) per
quasi “riconsacrarla”. Un paradosso, salvo ammettere che quel partito abbia
fatto oggi sue anche le tesi libertarie e antidemocratiche espresse nel
documento. Il problema è che ormai la Schlein
non poteva più fare l’ennesima marcia indietro e allora bisognava far finta di
trasformare la gazzarra alla Camera in una impetuosa neo ondata di antifascismo
militante caduta nel disinteresse – va pur detto – della stragrande maggioranza
degli italiani.
Ma la
macchina propagandistica non si può fermare ed ecco che, immediata, su Rai 1 e
reti collegate (perfino in Eurovisione!) è andato in scena lo show di Benigni con una sua
lunga interpretazione personale dei fatti e delle (presunte) conseguenze sulla
politica europea del dopoguerra. Uno
show pagato dalla Rai ben 1.000.000 (dicesi un milione) di euro! Quanti
lo sanno?
Un lungo
monologo irrefrenabile e concretamente incentrato tutto “contro” la Meloni.
Quanto avrei dato per essere presente in sala e - anziché fare il silenzioso
spettatore - alzarmi e contestare a Benigni un paio delle sciocchezze
storiche che ha inanellato, le stesse sottolineate da diversi giornalisti e
storici nei giorni scorsi, a cominciare da Battista, Cacciari o Galli della Loggia uniti
in un raro esempio di libertà di pensiero.
Certo si
riapre la questione proprio di una Rai che in un colpo solo ha dimostrato non
solo di NON essere infeudata da destra, ma piuttosto di restare saldamente in
mano a quella sinistra “di lotta e di salotto” che poi tanto piange e si
lamenta mentre Benigni fa il comico-compagno, ma come sempre si fa pagare bene
da tutti noi.
Intanto,
una volta di più, il richiamo antifascista si svilisce però in un cataplasma
indispensabile per coprire i profondi dissidi interni che scuotono la sinistra
su quasi tutte le tematiche europee sul tappeto, così come avviene nel
centrodestra in materia di riarmo.
Un
“antifascismo da parata” che però monopolizza la storia, l’informazione, i
media e viene trasformato in una sorta di foglia di fico per tutte le
occasioni, mentre saggezza sarebbe leggere i documenti ed interpretare i fatti
prima di urlare. Questo vale sia per il “Manifesto di Ventotene” (che andrebbe letto da tutti)
che per capire le parole della Meloni quando - in questo caso – ha solo
espresso sacrosanti ma scomode verità, depistato piuttosto la platea dal vero e
quotidiano equilibrismo che le è necessario per barcamenarsi tra Trump e i
vertici UE, il diffuso malcontento popolare per la guerra in Ucraina e la
necessità di non emarginare l’Italia dal contesto generale ed europeo.
BUONA SETTIMANA A TUTTI MARCO ZACCHERA



Sono nato a Verbania, sul Lago Maggiore, in una famiglia che da secoli ha le sue radici all’Isola dei Pescatori che è quindi da sempre la mia prima piccola patria.


Quando dopo qualche anno di università la Patria si è ricordata di me - allora la naja era obbligatoria – anziché mandarmi tra i paracadutisti - come speravo- mi ha spedito a Pontebba (Udine), a fare l’artigliere da montagna con il mulo al seguito. Pazienza, da allora ho portato la penna sul cappello (e sono con piacere socio dell’ANA) anziché il basco amaranto.
Quasi alla fine del servizio militare (ed era la prima volta che andavo a votare) mi sono candidato al consiglio comunale della mia città, mi hanno subito eletto e di lì ho cominciato la carriera, cresciuta – è il caso di dire – dalla gavetta: dal comune alla provincia, al consiglio regionale del Piemonte nel 1990. In quegli anni essere di Destra significava lavorare seriamente ma essere emarginati, ritrovandosi spesso da soli in un ruolo di dura quanto difficile opposizione, ma è proprio in quel periodo che ho maturato esperienza e rafforzato le mie scelte per costruire una politica che - allora come oggi - intendevo e intendo trasparente, impegnata e concreta. Amavo ed amo stare in mezzo alle persone, discutere con loro, vivere i loro problemi.
Nel ’94 la mia prima candidatura al Parlamento sostenuta e vinta con l'aiuto di oltre 110.000 piemontesi che mi hanno voluto a Montecitorio, unico eletto di Alleanza Nazionale in tutta la circoscrizione del Piemonte 2. La mia circoscrizione elettorale era composta da ben 7 province ma non ho mai mancato ad un appuntamento, ad un incontro.
Subito dopo l’elezione alla Camera Gianfranco Fini mi ha chiamato ad impegnarmi come dirigente nazionale di partito e sono stato così l’ultimo responsabile del dipartimento Organizzazione del MSI-DN prima della fondazione di Alleanza Nazionale e vi ricordate forse il famoso congresso a Fiuggi – quando è stata fondata AN - che ho organizzato proprio io come segretario generale del congresso.
Mi hanno poi rieletto alla Camera nel 1996 e nel 2001 nel collegio uninominale di Verbania-Domodossola, dove AN e la allora "Casa delle Libertà" hanno quasi sempre conquistato la più alta percentuale regionale. Sono stati gli anni più belli perchè con l'elezione diretta a deputato ero in rapporto diretto con i miei elettori che cercavo quindi di rappresentare bene ogni giorno.
Il mio collegio elettorale era terra di montagna e di laghi, ma non c'è un paese, una frazione e forse anche solo un gruppo di case dove io non sia passato, magari organizzando anche un incontro, un dibattito, una conferenza stando vicino ai problemi della "mia" gente soprattutto quando vi erano momenti di maggiore difficoltà. Organizzavo i miei "Rapporto agli elettori" nelle piazze o nelle palestre, nei saloni dei ristoranti o in quelli parrocchiali e cercavo sempre soprattutto di spiegare con parole semplici cosa succedeva a Roma e perché tante cose non si riuscivano a risolvere, così come per anni ed anni alla TV locale ogni settimana la mia rubrica "Onorevole, permette?" era aperta a tutti.
In quegli anni ho diretto l dipartimento Enti Locali di AN e, dal 2002, sono stato - fino alla fine della storia di Alleanza Nazionale - il responsabile del dipartimento Esteri in contatto (anche perché facevo parte della Commissione Esteri) non solo con moltissime figure politiche mondiali ma soprattutto con gli italiani che vivono nel mondo.
Dal 2001 fino al 2012 sono stato componente e anche presidente per cinque anni della delegazione Italiana alla UEO (Unione Europea Occidentale) che si occupava di difesa e sicurezza europea e sono stato membro del Consiglio d’Europa a Strasburgo.
Nel 2005 mi sono nuovamente laureato, questa volta in "Storia delle Civiltà" e sempre a pieni voti con una tesi sui rapporti nel campo della sicurezza tra Unione Europea ed USA dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. Nel 2006 e nel 2008 sono stato rieletto deputato per un totale di cinque legislature e 18 anni passati a Montecitorio.
Leggendo qualcuno penserà ad esagerazioni ed invece no: lavorando seriamente si può fare tutto questo senza molti problemi (senza autista o auto blu!) e sono sempre rimasto stupito come nelle statistiche risultassi uno dei deputati più attivi per interventi o iniziative parlamentari perché davvero non mi sembrava di esagerare, ma solo – appunto – di impegnarmi seriamente visto d'altronde lo stipendio che ci davano e che imponeva impegno e responsabilità.
Come ho scritto in uno dei miei libri, "STAFFETTE", che ho dedicato ai giovani di oggi (e che vi invito a leggere perché racconta un po’ tutto di me e della politica di questi anni) non ho mai amato l’apparato del potere, i lussi inutili, gli sprechi di quel mondo falso e senza onore che sta da tempo distruggendo l’anima della gente e la natura intorno a noi. Concetti che riprendo anche in "INVERNA", un nuovo titolo uscito nell’autunno 2012.
Nella mia vita ho avuto la fortuna di viaggiare (per ora) in 139 paesi del mondo ma una svolta importante nella mia vita è venuta nel 1980 quando ho iniziato a lavorare in Africa sul Lago Turkana, in un villaggio di poveri pescatori insegnando loro a pescare. Da allora mi sono reso conto che i problemi non sono mai solo personali, ma anche di tutta l’umanità e che dobbiamo essere comunque grati e contenti verso il "Grande Capo" per tutto quello che abbiamo e che troppe volte diamo per scontato.
Per dare una risposta concreta ho così fondato i VERBANIA CENTER che operano dal Kenya al Mozambico, dal Burundi al Sud America e che oggi sono organizzati in un "Fondo" all'interno della Fondazione Comunitaria del VCO. In oltre 40 anni abbiamo realizzato più di 100 iniziative di sviluppo sociale ed investito oltre 700.000 euro.
Dal Darfur all’Afghanistan, dal Burundi a Timor Est, dal Corno d’Africa al conflitto Mediorientale ho anche visto e vissuto direttamente anche i drammi di tante guerre dimenticate,così come la realtà di tantissimi italiani all’estero che meriterebbero ben più attenzione e rispetto e che invece troppe volte in patria non sono assolutamente considerati.
Credo che si debba essere sempre delle persone semplici: il titolo di onorevole o quello di commendatore non mi sono mai piaciuti, non per niente i miei genitori mi hanno chiamato Marco, il che suona molto meglio e se non mi conoscete di persona ed avrete occasione di contattarmi per favore chiamatemi così.
Qualcuno dice che sono stato un deputato e un politico anomalo... non so, io so soltanto che di dentro mi sento davvero sempre il ragazzo di una volta, quello che parlava al megafono tra le urla (o peggio) nelle assemblee studentesche oppure che prendeva la parola solo contro tutti in consiglio comunale e vorrei ancora essere capace di cambiare sul serio, in meglio, questa Italia che amo e la nostra società dove ci sono ancora tante, troppe ingiustizie.
Anno dopo anno, però, ho scoperto che non sono le ideologie a fare le differenze, ma la qualità delle persone e ne ho trovate di valide e corrette in ogni formazione politica.
E' stata una grande avventura, un onore ed un orgoglio e nel 2012 - anche se avrei potuto rinviare questa scelta - ho anche volontariamente lasciato Montecitorio per svolgere questo incarico a tempo pieno. Per quattro anni ho dato tutto me stesso per la mia città, senza orari né limiti, cercando (gratis) di aiutare e di ascoltare sempre tutti con il massimo impegno possibile. Certo non ho mai fatto discriminazioni di alcun tipo e mi spiace che a volte qualche avversario (ma soprattutto qualche collega di centro-destra) non abbia capito che amministrare una città significa andare ben al di sopra delle opinioni politiche.
Nel 2013 ho scelto di dimettermi da sindaco perchè la mia maggioranza (come il centro-destra a livello nazionale) si era divisa, ma soprattutto sono stato spinto a farlo – e ne ho poi avuto conferma dalle indagini giudiziarie – perché alcune persone a me vicine avevano tramato contro di me diffondendo maldicenze e assurdità: una pagina brutta, una grande sofferenza e delusione che mi ha ferito profondamente.
La “Giustizia” degli uomini mi ha dato completamente ragione ma mi è rimasto il peso di essere stato costretto a lasciare un incarico al quale tenevo, dove ci mettevo il cuore senza risparmiarmi. Ci tenevo perché mi avevano eletto quei miei concittadini che, a larga maggioranza, mi conoscevano di persona e avevano avuto fiducia in me , passano gli anni ma e' una ferita che non si e' rimarginata.
Ho così concluso la mia carriera elettiva ma ho continuato nei miei impegni perché ci sono infinite cose da fare.


