IL PUNTO n 989 del 21 febbraio 2025
di MARCO ZACCHERA
Per
scrivermi o contattarmi: marco.zacchera@libero.it
Numeri
arretrati sul mio sito www.marcozacchera.it
SOMMARIO: Con le
sue parole ruvide e controcorrente, Trump scandalizza i benpensanti ma mette il
dito nella piaga sottolineando le ipocrisie europee sulla guerra in Ucraina e
questo dà un tremendo fastidio al club di Bruxelles che è diviso su tutto, ma
non lo ammette.
Nel momento
in cui "chiudo" IL PUNTO arriva la notizia della condanna del
sottosegretario ANDREA DEL MASTRO per la vicenda "Cospito". Perfino
il pubblico ministero ne aveva chiesto l'assoluzione. Qualcuno crede che la
sentenza del giudice di Roma non sia "politica" ?
IPOCRISIE UCRAINE
Al di là
degli insulti reciproci tra Trump
e Zelensky (il presidente ucraino dimentica che gli USA hanno
speso per lui una cifra imponente) mi chiedo seriamente se i cittadini europei
si rendano conto di come la gestione “europea” della crisi ucraina sia stata -
soprattutto negli ultimi tempi – semplicemente assurda e se i media in
argomento abbiano dato e diano versione corrette.
Messa
all’angolo e minimizzata dai rapporti diretti USA-Russia nonostante le
centinaia di miliardi di euro investiti, l’Europa non sembra infatti rendersi
conto della (brutta) realtà. Leggere poi che il presidente Zelensky sostenga
che Trump starebbe “in una bolla di disinformazioni russe” mi lascia
decisamente perplesso pensando al credito che in Europa si è dato e ancora si
dà a questo personaggio.
Per
cominciare, per mesi e mesi nessuno in Europa ha ammesso quello che scrivo da
un anno ovvero che Zelensky è scaduto nel suo mandato e in una drammatica
caduta di credibilità interna e che quindi andavano fatte nuove elezioni. “Ma
c’è la legge marziale, c’è la guerra” si è sostenuto a Bruxelles.
Una scusa,
perché la guerra interessa solo una piccola parte dell’Ucraina e la legge
marziale è stata imposta proprio dallo stesso Zelensky. Piuttosto l’Europa
dovrebbe chiedersi cosa abbiano prodotto tre anni di legge marziale anche in
termine di libertà di espressione in Ucraina, visto che il dissenso è proibito
e l’opposizione sparita.
Allo stesso
modo i leader europei fanno finta di non sapere (ed ufficialmente non se lo
sono mai chiesti) dove vadano a finire buona parte delle loro forniture e in
mano a chi sia la gestione degli aiuti, in un paese che si sempre
contraddistinto per la sua corruzione. Così come non ammette che l’esercito
ucraino è a pezzi e con il morale sotto le scarpe, la solita candida Europa non
ha il coraggio di accettare il sostanziale fallimento delle sanzioni imposte
alla Russia, mentre non si è riusciti neppure a mettersi d’accordo per fissare
un prezzo comune al gas europeo nonostante la crisi energetica che ha sconvolto
l’economia del vecchio continente e i profitti mostruosi degli speculatori (e
dei produttori, norvegesi e russi compresi).
Mentre
qualcuno vuole mandare soldati europei al fronte (Macron) e all’opposto
altri vogliono sospendere ogni aiuto (Ungheria, Slovacchia) ci si dovrebbe
chiedere perché l’Europa non ha cominciato a tessere un processo di pace o
almeno di “cessate il fuoco” già poche settimane dopo l’aggressione di Putin.
Oppure
davvero in Europa pensavano che i russi potevano essere militarmente sconfitti?
Ci sono
voluti tre anni, decine di migliaia di morti ed immane sofferenze e distruzioni
prima di rendersi conto che ad una trattativa bisognava pur arrivarci, e adesso
la partita la conduce Trump.
“Ma Putin è
come Hitler,
pian piano vuol mangiarsi l’Europa! Qui si combatte per la libertà” Stiamo ai
fatti: Putin è stato indubbiamente l’aggressore, ma dov’era l’Europa prima del
2022 a far rispettare gli accordi di Minsk anche agli Ucraini e quando mai
Putin in questi anni ha preso iniziative contro altri stati europei?
Eppure la
Russia è stata intanto circondata dalla NATO che è arrivata ai suoi confini:
questa minaccia di aggressione Russa all’Europa non sarà stata soprattutto
un’arma mediatica per accusarla di tutto (e spendere più soldi per la difesa?),
un po' come gli hackers che sono sempre “russi” ?
Sta di
fatto che adesso i governanti europei sembrano stralunati marziani scesi da
un’astronave, hanno opinioni antitetiche sull’invio di altre armi o truppe al
fronte, si sono messi contro buona parte della loro opinione pubblica
nonostante il tamburellare della propaganda mediatica e sono fuori gioco a
livello internazionale. In parole povere non sanno cosa fare, il che - come
strategia - non è stato un grande successo.
P.S. Va a
finire che qualche ragione l’aveva allora il più piccolo degli stati europei,
quel Vaticano guidato da papa
Francesco (auguroni!) che invano aveva chiesto un armistizio
già dal primo giorno di guerra.
APPUNTAMENTI
Questa sera
(venerdì 21 febbraio) a Turbigo (MI) alle 21 nella “Sala delle vetrate” terrò,
su invito del “Comitato 10 febbraio”, una conferenza sulla storia del sofferto
ritorno di Trieste all’Italia (1945-1954)
Giovedì 27
febbraio Hotel Londra di Alessandria (ore 21) presentazione del libro di MARCO
TARCHI “Le tre età della fiamma”, presente l’autore. A me il compito di
illustrare il periodo della nascita di Alleanza Nazionale
Approfondimento: QUALE FUTURO PER L’EUROPA?
Tutti presi
dalle quotidiane polemiche innescate da Trump si parla poco del suo vice, James David Vance, che
pure è destinato a far parlare di sé e andrebbe seguito con maggiore
attenzione.
Innanzitutto
perché – pur oggi solo quarantenne - potrebbe essere proprio lui il prossimo
48° presidente degli Stati Uniti dopo Trump (ad oggi se la giocherebbe con Rubio), ma - soprattutto
- perché è un personaggio molto interessante e controverso, anche se il ruolo
di “vice” gli imporrà lunghi silenzi almeno finché Trump resterà al timone.
Senatore
dell’Ohio, infanzia difficile, scrittore di successo, Vance si dichiara “un
conservatore nazionale”, ovvero “populista di destra” per i suoi avversari.
Convertitosi al cattolicesimo, battezzato e cresimato nel 2019, Vance ha una
moglie indiana, tre figli ed ha spopolato tra i “colletti blu” raccogliendo
molti consensi nella classe media americana conservatrice.
Nei giorni
scorsi a Monaco di Baviera, Vance si è presentato sulla scena politica
internazionale ad un incontro con gli alleati subito dopo che Trump aveva detto
senza mezzi termini di aver iniziato e di volere mantenere contatti diretti con
Putin per far finire la guerra in Ucraina.
Vance
(reduce da una visita a Dachau) non è stato certo a guardare e, fedele al suo
stile, ha detto subito chiaro e tondo, senza giri di parole, ai freddi alleati
europei cosa la nuova amministrazione USA pensi di loro, con un discorso di
rottura che in Italia per giorni non è stato (volutamente?) quasi notato, ma
che invece era denso di contenuti.
Innanzitutto
Vance ha parlato di democrazia senza peli sulla lingua ricordando “Che il maggior
nemico dell’Europa non sono la Cina o la Russia, ma è all’interno stesso di
voi” sottolineando la sua critica per l’involuzione politica europea, il
recente annullamento delle elezioni in Romania solo perché aveva vinto un
candidato filo-russo.
“La libertà
di espressione, temo, è in ritirata in Europa e Gran Bretagna – ha sostenuto
Vance - perché non c’è più spazio per “muri di fuoco” (in Italia diremmo “arco
costituzionale” e tradotto in tedesco “cordone sanitario”) alludendo alla
crescita e contemporanea criminalizzazione di quei partiti che non sono in
linea con la politica di Bruxelles.
“Per
salvare la democrazia – ha insistito Vance – dovete abbracciare e capire quello
che la gente vi dice, anche se lo trovate sorprendente e anche se non siete d’accordo”.
Più oltre Vance ha citato Giovanni
Paolo II con il suo “Non abbiate paura” definendo Wojtyla “Uno dei più
straordinari campioni della democrazia in questo continente come in qualsiasi
altro”. Per Vance ”Non dovremmo avere paura dei nostri popoli quando anche
esprimono punti di vista che non concordano con le loro leadership” insistendo
sul punto davanti agli attoniti leader europei. Per Vance l’Europa deve
piuttosto rendersi più forte per difendersi da sola, ma ha insistito “Per anni
ci avete detto che quello che finanziamo e sosteniamo con voi è in nome del
nostri valori democratici condivisi, ma purtroppo quando guardo all’Europa di
oggi a volte non è così chiaro cosa sia successo ad alcuni dei vincitori della
guerra fredda”. “Guardo a Bruxelles - ha insistito Vance – dove i
commissari europei avvertono i cittadini che intendono chiudere i social media
nel momento in cui individuano ciò che hanno giudicato “contenuti di
odio”, ma chi ha deciso chi poteva giudicare? “
Concludendo
Vanche ha insistito che però, prima di tutto, l’Europa deve capire “al suo
interno” cosa vuole, in che cosa crede e cosa vuole difendere, dai temi
“gender” ai rapporti con Mosca, sottolineando come occorra anche una forte
politica di contenimento dell’immigrazione e criticando indirettamente, infine,
il vertice di Davos dove “quei
ricchi leader economici sembrano molto lontani dalle rispettive opinioni
pubbliche, ma così non deve essere per chi è invece eletto democraticamente.”
Non ci
saranno le battute estemporanee di Trump, ma c’è molta più concretezza:
l’Europa farebbe bene a pensarci su, riflettere e soprattutto a tenerne subito
conto.
BUONA SETTIMANA ! MARCO ZACCHERA
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Sono nato a Verbania, sul Lago Maggiore, in una famiglia che da secoli ha le sue radici all’Isola dei Pescatori che è quindi da sempre la mia prima piccola patria.
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Quando dopo qualche anno di università la Patria si è ricordata di me - allora la naja era obbligatoria – anziché mandarmi tra i paracadutisti - come speravo- mi ha spedito a Pontebba (Udine), a fare l’artigliere da montagna con il mulo al seguito. Pazienza, da allora ho portato la penna sul cappello (e sono con piacere socio dell’ANA) anziché il basco amaranto.
Quasi alla fine del servizio militare (ed era la prima volta che andavo a votare) mi sono candidato al consiglio comunale della mia città, mi hanno subito eletto e di lì ho cominciato la carriera, cresciuta – è il caso di dire – dalla gavetta: dal comune alla provincia, al consiglio regionale del Piemonte nel 1990. In quegli anni essere di Destra significava lavorare seriamente ma essere emarginati, ritrovandosi spesso da soli in un ruolo di dura quanto difficile opposizione, ma è proprio in quel periodo che ho maturato esperienza e rafforzato le mie scelte per costruire una politica che - allora come oggi - intendevo e intendo trasparente, impegnata e concreta. Amavo ed amo stare in mezzo alle persone, discutere con loro, vivere i loro problemi.
Nel ’94 la mia prima candidatura al Parlamento sostenuta e vinta con l'aiuto di oltre 110.000 piemontesi che mi hanno voluto a Montecitorio, unico eletto di Alleanza Nazionale in tutta la circoscrizione del Piemonte 2. La mia circoscrizione elettorale era composta da ben 7 province ma non ho mai mancato ad un appuntamento, ad un incontro.
Subito dopo l’elezione alla Camera Gianfranco Fini mi ha chiamato ad impegnarmi come dirigente nazionale di partito e sono stato così l’ultimo responsabile del dipartimento Organizzazione del MSI-DN prima della fondazione di Alleanza Nazionale e vi ricordate forse il famoso congresso a Fiuggi – quando è stata fondata AN - che ho organizzato proprio io come segretario generale del congresso.
Mi hanno poi rieletto alla Camera nel 1996 e nel 2001 nel collegio uninominale di Verbania-Domodossola, dove AN e la allora "Casa delle Libertà" hanno quasi sempre conquistato la più alta percentuale regionale. Sono stati gli anni più belli perchè con l'elezione diretta a deputato ero in rapporto diretto con i miei elettori che cercavo quindi di rappresentare bene ogni giorno.
Il mio collegio elettorale era terra di montagna e di laghi, ma non c'è un paese, una frazione e forse anche solo un gruppo di case dove io non sia passato, magari organizzando anche un incontro, un dibattito, una conferenza stando vicino ai problemi della "mia" gente soprattutto quando vi erano momenti di maggiore difficoltà. Organizzavo i miei "Rapporto agli elettori" nelle piazze o nelle palestre, nei saloni dei ristoranti o in quelli parrocchiali e cercavo sempre soprattutto di spiegare con parole semplici cosa succedeva a Roma e perché tante cose non si riuscivano a risolvere, così come per anni ed anni alla TV locale ogni settimana la mia rubrica "Onorevole, permette?" era aperta a tutti.
In quegli anni ho diretto l dipartimento Enti Locali di AN e, dal 2002, sono stato - fino alla fine della storia di Alleanza Nazionale - il responsabile del dipartimento Esteri in contatto (anche perché facevo parte della Commissione Esteri) non solo con moltissime figure politiche mondiali ma soprattutto con gli italiani che vivono nel mondo.
Dal 2001 fino al 2012 sono stato componente e anche presidente per cinque anni della delegazione Italiana alla UEO (Unione Europea Occidentale) che si occupava di difesa e sicurezza europea e sono stato membro del Consiglio d’Europa a Strasburgo.
Nel 2005 mi sono nuovamente laureato, questa volta in "Storia delle Civiltà" e sempre a pieni voti con una tesi sui rapporti nel campo della sicurezza tra Unione Europea ed USA dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. Nel 2006 e nel 2008 sono stato rieletto deputato per un totale di cinque legislature e 18 anni passati a Montecitorio.
Leggendo qualcuno penserà ad esagerazioni ed invece no: lavorando seriamente si può fare tutto questo senza molti problemi (senza autista o auto blu!) e sono sempre rimasto stupito come nelle statistiche risultassi uno dei deputati più attivi per interventi o iniziative parlamentari perché davvero non mi sembrava di esagerare, ma solo – appunto – di impegnarmi seriamente visto d'altronde lo stipendio che ci davano e che imponeva impegno e responsabilità.
Come ho scritto in uno dei miei libri, "STAFFETTE", che ho dedicato ai giovani di oggi (e che vi invito a leggere perché racconta un po’ tutto di me e della politica di questi anni) non ho mai amato l’apparato del potere, i lussi inutili, gli sprechi di quel mondo falso e senza onore che sta da tempo distruggendo l’anima della gente e la natura intorno a noi. Concetti che riprendo anche in "INVERNA", un nuovo titolo uscito nell’autunno 2012.
Nella mia vita ho avuto la fortuna di viaggiare (per ora) in 139 paesi del mondo ma una svolta importante nella mia vita è venuta nel 1980 quando ho iniziato a lavorare in Africa sul Lago Turkana, in un villaggio di poveri pescatori insegnando loro a pescare. Da allora mi sono reso conto che i problemi non sono mai solo personali, ma anche di tutta l’umanità e che dobbiamo essere comunque grati e contenti verso il "Grande Capo" per tutto quello che abbiamo e che troppe volte diamo per scontato.
Per dare una risposta concreta ho così fondato i VERBANIA CENTER che operano dal Kenya al Mozambico, dal Burundi al Sud America e che oggi sono organizzati in un "Fondo" all'interno della Fondazione Comunitaria del VCO. In oltre 40 anni abbiamo realizzato più di 100 iniziative di sviluppo sociale ed investito oltre 700.000 euro.
Dal Darfur all’Afghanistan, dal Burundi a Timor Est, dal Corno d’Africa al conflitto Mediorientale ho anche visto e vissuto direttamente anche i drammi di tante guerre dimenticate,così come la realtà di tantissimi italiani all’estero che meriterebbero ben più attenzione e rispetto e che invece troppe volte in patria non sono assolutamente considerati.
Credo che si debba essere sempre delle persone semplici: il titolo di onorevole o quello di commendatore non mi sono mai piaciuti, non per niente i miei genitori mi hanno chiamato Marco, il che suona molto meglio e se non mi conoscete di persona ed avrete occasione di contattarmi per favore chiamatemi così.
Qualcuno dice che sono stato un deputato e un politico anomalo... non so, io so soltanto che di dentro mi sento davvero sempre il ragazzo di una volta, quello che parlava al megafono tra le urla (o peggio) nelle assemblee studentesche oppure che prendeva la parola solo contro tutti in consiglio comunale e vorrei ancora essere capace di cambiare sul serio, in meglio, questa Italia che amo e la nostra società dove ci sono ancora tante, troppe ingiustizie.
Anno dopo anno, però, ho scoperto che non sono le ideologie a fare le differenze, ma la qualità delle persone e ne ho trovate di valide e corrette in ogni formazione politica.
E' stata una grande avventura, un onore ed un orgoglio e nel 2012 - anche se avrei potuto rinviare questa scelta - ho anche volontariamente lasciato Montecitorio per svolgere questo incarico a tempo pieno. Per quattro anni ho dato tutto me stesso per la mia città, senza orari né limiti, cercando (gratis) di aiutare e di ascoltare sempre tutti con il massimo impegno possibile. Certo non ho mai fatto discriminazioni di alcun tipo e mi spiace che a volte qualche avversario (ma soprattutto qualche collega di centro-destra) non abbia capito che amministrare una città significa andare ben al di sopra delle opinioni politiche.
Nel 2013 ho scelto di dimettermi da sindaco perchè la mia maggioranza (come il centro-destra a livello nazionale) si era divisa, ma soprattutto sono stato spinto a farlo – e ne ho poi avuto conferma dalle indagini giudiziarie – perché alcune persone a me vicine avevano tramato contro di me diffondendo maldicenze e assurdità: una pagina brutta, una grande sofferenza e delusione che mi ha ferito profondamente.
La “Giustizia” degli uomini mi ha dato completamente ragione ma mi è rimasto il peso di essere stato costretto a lasciare un incarico al quale tenevo, dove ci mettevo il cuore senza risparmiarmi. Ci tenevo perché mi avevano eletto quei miei concittadini che, a larga maggioranza, mi conoscevano di persona e avevano avuto fiducia in me , passano gli anni ma e' una ferita che non si e' rimarginata.
Ho così concluso la mia carriera elettiva ma ho continuato nei miei impegni perché ci sono infinite cose da fare.
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