IL PUNTO n. 1012 del 22 agosto 2025 di MARCO ZACCHERA Per scrivermi o contattarmi: marco.zacchera@libero.it Numeri arretrati sul mio sito www.marcozacchera.it RICORDO CHE DURANTE IL PERIODO ESTIVO “IL PUNTO” ESCE OGNI 15
GIORNI, CI RISENTIAMO QUINDI VENERDI’ 5 SETTEMBRE Una nota per i lettori, almeno quelli più attenti o che mi
conoscono da tanti anni. A volte, rileggendo i miei articoli, mi rendo conto che in
qualche maniera possano suscitare (per esempio sulla questione immigrazione o
sulla giustizia) l’impressione di una mia preconcetta ostilità nei riguardi
dei giudici o di quelle persone che si rifugiano in Italia. Ci tengo a chiarire che è un modo superficiale di interpretare
quanto scrivo perché io non ho nulla contro il “diverso” e, anzi, sono
convinto che vada applicata la regola evangelica (e non solo)
dell’accoglienza, ma continuo a pensare che NON è la clandestinità che
risolve il problema ma lo moltiplica, oltre ai lauti guadagni di quel mondo
sommerso legato ai trafficanti, così come la mancanza di “percezione” nella
gravità dei reati. Per l’immigrazione la strada giusta è accogliere, ma con delle
regole eque (come concedere più permessi di ingresso ufficiale, che è la
strada indicata con 505.000 visti nel triennio dal governo Meloni) per
permettere davvero poi l’inserimento e non l’emarginazione, come dimostrato
in mille circostanze. Così come sono giusti il perdono e la clemenza, ma quando una
persona reitera scientemente il proprio reato allora la legge va applicata
con severità maggiore e non continuare con una tolleranza che alla fine
diventa complicità e danneggia i componenti più deboli della società che ne
sono le prime vittime e non sono salvaguardati. Borseggiare un anziano o
rovinargli la casa è una cosa – per esempio – ancora più devastante del reato
in sé, perché distrugge la vita delle persone e queste sono davvero le
“aggravanti” che andrebbero considerate, insieme alla responsabilità morale
dei giudici quando rimettono in libertà i delinquenti abituali. UCRAINA: L’ EUROPA SENZA
BUSSOLA Dopo giorni di trattative, viaggi al di qua e al di là
dell’Atlantico, dichiarazioni e incontri, minacce e promesse, comunicati più
o meno accattivanti e possibili incontri prossimi venturi, temo che l’Europa
non capisca più dove santo voltarsi. Tanta “ammuina” ma poca sostanza e su tutti lui, quel Putin novello
imperatore informalmente riabilitato che alla fine fa sostanzialmente quello
che vuole e gioca al gatto col topo. E’ stato l’aggressore, ma – visto che il nucleare alla fine per
fortuna non conta – dimostra di essere il più forte e il più furbo, con gli
altri che devono venire a patti con lui. Ha in mano il gioco, ma d'altronde di fronte a sé Putin si è
trovato prima un debole Biden
condizionato da lobby, generali e guai di famiglia, poi un tipo come Trump di cui è stato
capace di blandire l’ego smisurato facendogli intravedere addirittura un
Nobel per la pace (che l’altro vorrebbe ad ogni costo, senza neppure
ricordare che è un premio “politico” e che quindi a lui non daranno mai,
soprattutto dopo averlo regalato ad Obama senza alcun merito e già al primo
giorno di regno). Un Obama
che poche settimane dopo, infatti, puntualmente scatenò la guerra in Siria
alla faccia della pace. Allo show di ferragosto è seguito poi un gran movimento di jet
per portare a Washington la multiforme pattuglia europea in ordine sparso,
ben sintetizzata dalla foto finale dove il peso politico dei singoli paesi
non è per fortuna legato alla statura fisica dei leader, ma l’impressione è
comunque di un gruppo male assortito, che ovviamente pensa soprattutto ai
problemi di casa propria sgomitando per un posto al sole in vista di future
elezioni, problemi che certamente Putin non ha. Chiacchiere, buoni principi, ipotesi e poco di più, anche perché
- solo per fare un veloce giro di tavolo e lasciar parlare tutti – se c’è
l’Europa di mezzo ogni volta ci vuole almeno una mezz’ora. Al momento di chiudere è saltato fuori che bisognava pagare il
conto per il noleggio della sala e che a Zelensky (che questa volta si è
presentato in divisa da impresario di pompe funebri per non dispiacere al
padrone di casa) era comunque dovuto qualcosa, diciamo una mancia di decine
di miliardi di aiuti extra, ma con un Trump che non ha voluto neppure vedere
la fattura. Fornirà armi solo se le pagano gli altri e l’Europa, messa
all’angolo, ha detto subito di sì, per la gioia dei produttori americani e
ovviamente di Zelensky cui nessuno chiede mai un rendiconto. All’Italia, in proporzione, toccherà pagarne una bella fetta e
la “finanziaria” di quest’anno è così bella che definita, alla faccia dei
prossimi tre mesi di discussioni in parlamento in vista dello scontato voto
di fiducia intorno a Natale (ma non si potrebbe allora decidere subito,
evitando il solito teatrino?). Il fatto è che l’Europa non ha altro modo di pagare il conto
perché non ha una linea condivisa e chiara, sa che le opinioni pubbliche non
gradirebbero né un intervento armato né l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione,
anche perché non ne avrebbe titolo. Adesso si parla di un incontro a Budapest, a Ginevra o a
Istanbul ma – a parte la figuraccia di andare proprio a casa di Orban, quello che a
Bruxelles è visto come persona non grata - che ci si andrà a fare se, pur
incontrandosi, i due belligeranti uscissero dal colloquio diretto senza un
minimo di intesa? Perché il copione è segnato: Putin chiederà “tutto” e Zelensky
dirà di no, e dopo? Senza preparazione adeguata e accordi pre-sottoscritti saremo
esattamente allo stesso punto. Questo è il quadro, sconcertante ma
obiettivo, e penso che tutto questo si poteva forse evitare richiamando
all’ordine Kiev prima del 2022 e gestendo la crisi a bocce ferme o magari
negoziando subito, prima di tre anni e mezzo di guerra, dopo una infinità di
morti inutili e tante distruzioni per arrivare a conclusioni che - dopo
qualche mese e con un fronte sostanzialmente bloccato - Putin avrebbe forse
sottoscritto alla grande. Oppure tutto è stato un tragico bluff ben organizzato, visto che
per la NATO - allora in via di liquidazione - il conflitto ucraino è stata
una grande occasione, un potente e formidabile gerovital tanto da farla
tornare sulla cresta dell’onda? IL DRAMMA DI GAZA Ci sono notizie che ci portano a riflettere ben al di là della
cronaca perché coinvolgono stati d’animo sedimentati negli anni. Mi succede
per l’atteggiamento dei vertici del governo israeliano sulla crisi di Gaza e
in Cisgiordania pensando – pur essendo da sempre amico di Israele - alle
conseguenze di questa decisione. Ma come si può pensare che poche migliaia di soldati israeliani
possano occupare ma soprattutto controllare nel tempo un territorio che prima
del 7 ottobre 2023 era occupato da oltre due milioni di persone stipate in
365 Km. quadrati e che quasi tutte sono individualmente ostili al governo di
Gerusalemme? Gli israeliani possono forse temporaneamente occupare Gaza con
la forza, ma non c’è dubbio che questo scatenerà una resistenza accanita ben
oltre la potenza di fuoco di Hamas
moltiplicando soprattutto un odio reciproco perenne e alla lunga
insopportabile. Intanto con questa scelta Israele perderà l’appoggio politico di
gran parte dei governi occidentali e rafforza politicamente in modo incredibile
proprio i palestinesi. Uno dopo l’altro gli alleati di Israele si vedono e si vedranno
costretti a riconoscere uno Stato che di fatto non esiste, ma che
progressivamente sta raccogliendo consensi davanti al perpetuarsi di una
crisi infinita che – pur giustificata DA CIRCA 1300 UCCISI IL 7 OTTOBRE 2023
e dal mancato rilascio di una cinquantina di ostaggi superstiti – ha
ormai allineato oltre 50.000 morti tra i quali sicuramente molti capi di
Hamas, ma anche un gran numero di civili del tutto innocenti, che non possono
manifestare il loro dissenso dagli ultrà islamici e che comunque soprattutto
non sanno dove andare. Chiuse le frontiere, Gaza è diventata un lager dove
quotidianamente si muore mentre si corre alla ricerca di cibo, un lager che
ricorda proprio quelli in cui furono rinchiusi gli ebrei dalla follia
nazista, così come l’inserimento violento di “coloni” israeliani in
Cisgiordania viola ogni giustizia ed accordo internazionale. Anche all’interno di Israele molti non condividono queste scelte
ed è facile accusare Netanyahu
di voler perpetuare la crisi anche per la sua situazione personale che
difficilmente reggerà oltre le prossime elezioni. Una frattura profonda che spacca in due la politica, l’opinione
pubblica, gli stessi vertici dell’esercito israeliano a sottolineare la crisi
che comunque attraversa il paese che due anni fa (e al governo c’era già
Netanyahu) si era fatto trovare con la guardia clamorosamente abbassata. Un futuro sempre più incerto per lo Stato ebraico, unico esempio
di democrazia in Medio Oriente, anche perché sono evidenti le tolleranze –
quando addirittura non l’appoggio plateale – a iniziative provocatorie ed
illegali degli estremisti religiosi e dei “coloni” che non solo attaccano gli
arabi musulmani, ma non nascondono volontà persecutorie anche contro i
cristiani che da sempre vivono in quell’area, aspetto che viene minimizzato
ma andrebbe invece maggiormente conosciuto. Incombono tempi tremendi, con il governo israeliano che si è
assunto davanti all’opinione pubblica mondiale una responsabilità che
potrebbe anche portare non solo al moltiplicarsi dei fronti di guerra, ma a
minacciare la stessa esistenza di Israele che, senza l’aiuto occidentale e
soprattutto degli USA, rischia davvero il suo tracollo. LA BELLA NOTIZIA:
SGOMBERATO IL LEONCAVALLO Finalmente, dopo 31 anni e 133 (centotrentatre!) rinvii è stato
sgomberato il “centro sociale Leoncavallo” a Milano per la cui occupazione
abusiva il Ministero dell’Interno ha dovuto pagare ai proprietari 3 MILIONI
di danni. Leggete bene: noi tutti abbiamo collettivamente pagato 3 milioni
pochi mesi fa per una trentennale occupazione abusiva che nessuno aveva avuto
nei decenni il coraggio di interrompere. Ovviamente protesta (anche se un po'
imbarazzata) la sinistra tutta, con le “Mamme del Leoncavallo” (nel frattempo
diventate nonne) e il sindaco Sala
che si dice “sorpreso” per non essere stato avvertito che nell’imminenza
dell’irruzione della polizia, forse perché così non ha avuto tempo di
organizzare qualche altro rinvio. Finalmente un po' di pulizia, un po' di determinatezza nel fare
semplicemente applicare la legge: era proprio ora! Un augurio di buon proseguimento a tutti, ci risentiamo il
5 settembre
Marco Zacchera |



Sono nato a Verbania, sul Lago Maggiore, in una famiglia che da secoli ha le sue radici all’Isola dei Pescatori che è quindi da sempre la mia prima piccola patria.


Quando dopo qualche anno di università la Patria si è ricordata di me - allora la naja era obbligatoria – anziché mandarmi tra i paracadutisti - come speravo- mi ha spedito a Pontebba (Udine), a fare l’artigliere da montagna con il mulo al seguito. Pazienza, da allora ho portato la penna sul cappello (e sono con piacere socio dell’ANA) anziché il basco amaranto.
Quasi alla fine del servizio militare (ed era la prima volta che andavo a votare) mi sono candidato al consiglio comunale della mia città, mi hanno subito eletto e di lì ho cominciato la carriera, cresciuta – è il caso di dire – dalla gavetta: dal comune alla provincia, al consiglio regionale del Piemonte nel 1990. In quegli anni essere di Destra significava lavorare seriamente ma essere emarginati, ritrovandosi spesso da soli in un ruolo di dura quanto difficile opposizione, ma è proprio in quel periodo che ho maturato esperienza e rafforzato le mie scelte per costruire una politica che - allora come oggi - intendevo e intendo trasparente, impegnata e concreta. Amavo ed amo stare in mezzo alle persone, discutere con loro, vivere i loro problemi.
Nel ’94 la mia prima candidatura al Parlamento sostenuta e vinta con l'aiuto di oltre 110.000 piemontesi che mi hanno voluto a Montecitorio, unico eletto di Alleanza Nazionale in tutta la circoscrizione del Piemonte 2. La mia circoscrizione elettorale era composta da ben 7 province ma non ho mai mancato ad un appuntamento, ad un incontro.
Subito dopo l’elezione alla Camera Gianfranco Fini mi ha chiamato ad impegnarmi come dirigente nazionale di partito e sono stato così l’ultimo responsabile del dipartimento Organizzazione del MSI-DN prima della fondazione di Alleanza Nazionale e vi ricordate forse il famoso congresso a Fiuggi – quando è stata fondata AN - che ho organizzato proprio io come segretario generale del congresso.
Mi hanno poi rieletto alla Camera nel 1996 e nel 2001 nel collegio uninominale di Verbania-Domodossola, dove AN e la allora "Casa delle Libertà" hanno quasi sempre conquistato la più alta percentuale regionale. Sono stati gli anni più belli perchè con l'elezione diretta a deputato ero in rapporto diretto con i miei elettori che cercavo quindi di rappresentare bene ogni giorno.
Il mio collegio elettorale era terra di montagna e di laghi, ma non c'è un paese, una frazione e forse anche solo un gruppo di case dove io non sia passato, magari organizzando anche un incontro, un dibattito, una conferenza stando vicino ai problemi della "mia" gente soprattutto quando vi erano momenti di maggiore difficoltà. Organizzavo i miei "Rapporto agli elettori" nelle piazze o nelle palestre, nei saloni dei ristoranti o in quelli parrocchiali e cercavo sempre soprattutto di spiegare con parole semplici cosa succedeva a Roma e perché tante cose non si riuscivano a risolvere, così come per anni ed anni alla TV locale ogni settimana la mia rubrica "Onorevole, permette?" era aperta a tutti.
In quegli anni ho diretto l dipartimento Enti Locali di AN e, dal 2002, sono stato - fino alla fine della storia di Alleanza Nazionale - il responsabile del dipartimento Esteri in contatto (anche perché facevo parte della Commissione Esteri) non solo con moltissime figure politiche mondiali ma soprattutto con gli italiani che vivono nel mondo.
Dal 2001 fino al 2012 sono stato componente e anche presidente per cinque anni della delegazione Italiana alla UEO (Unione Europea Occidentale) che si occupava di difesa e sicurezza europea e sono stato membro del Consiglio d’Europa a Strasburgo.
Nel 2005 mi sono nuovamente laureato, questa volta in "Storia delle Civiltà" e sempre a pieni voti con una tesi sui rapporti nel campo della sicurezza tra Unione Europea ed USA dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. Nel 2006 e nel 2008 sono stato rieletto deputato per un totale di cinque legislature e 18 anni passati a Montecitorio.
Leggendo qualcuno penserà ad esagerazioni ed invece no: lavorando seriamente si può fare tutto questo senza molti problemi (senza autista o auto blu!) e sono sempre rimasto stupito come nelle statistiche risultassi uno dei deputati più attivi per interventi o iniziative parlamentari perché davvero non mi sembrava di esagerare, ma solo – appunto – di impegnarmi seriamente visto d'altronde lo stipendio che ci davano e che imponeva impegno e responsabilità.
Come ho scritto in uno dei miei libri, "STAFFETTE", che ho dedicato ai giovani di oggi (e che vi invito a leggere perché racconta un po’ tutto di me e della politica di questi anni) non ho mai amato l’apparato del potere, i lussi inutili, gli sprechi di quel mondo falso e senza onore che sta da tempo distruggendo l’anima della gente e la natura intorno a noi. Concetti che riprendo anche in "INVERNA", un nuovo titolo uscito nell’autunno 2012.
Nella mia vita ho avuto la fortuna di viaggiare (per ora) in 139 paesi del mondo ma una svolta importante nella mia vita è venuta nel 1980 quando ho iniziato a lavorare in Africa sul Lago Turkana, in un villaggio di poveri pescatori insegnando loro a pescare. Da allora mi sono reso conto che i problemi non sono mai solo personali, ma anche di tutta l’umanità e che dobbiamo essere comunque grati e contenti verso il "Grande Capo" per tutto quello che abbiamo e che troppe volte diamo per scontato.
Per dare una risposta concreta ho così fondato i VERBANIA CENTER che operano dal Kenya al Mozambico, dal Burundi al Sud America e che oggi sono organizzati in un "Fondo" all'interno della Fondazione Comunitaria del VCO. In oltre 40 anni abbiamo realizzato più di 100 iniziative di sviluppo sociale ed investito oltre 700.000 euro.
Dal Darfur all’Afghanistan, dal Burundi a Timor Est, dal Corno d’Africa al conflitto Mediorientale ho anche visto e vissuto direttamente anche i drammi di tante guerre dimenticate,così come la realtà di tantissimi italiani all’estero che meriterebbero ben più attenzione e rispetto e che invece troppe volte in patria non sono assolutamente considerati.
Credo che si debba essere sempre delle persone semplici: il titolo di onorevole o quello di commendatore non mi sono mai piaciuti, non per niente i miei genitori mi hanno chiamato Marco, il che suona molto meglio e se non mi conoscete di persona ed avrete occasione di contattarmi per favore chiamatemi così.
Qualcuno dice che sono stato un deputato e un politico anomalo... non so, io so soltanto che di dentro mi sento davvero sempre il ragazzo di una volta, quello che parlava al megafono tra le urla (o peggio) nelle assemblee studentesche oppure che prendeva la parola solo contro tutti in consiglio comunale e vorrei ancora essere capace di cambiare sul serio, in meglio, questa Italia che amo e la nostra società dove ci sono ancora tante, troppe ingiustizie.
Anno dopo anno, però, ho scoperto che non sono le ideologie a fare le differenze, ma la qualità delle persone e ne ho trovate di valide e corrette in ogni formazione politica.
E' stata una grande avventura, un onore ed un orgoglio e nel 2012 - anche se avrei potuto rinviare questa scelta - ho anche volontariamente lasciato Montecitorio per svolgere questo incarico a tempo pieno. Per quattro anni ho dato tutto me stesso per la mia città, senza orari né limiti, cercando (gratis) di aiutare e di ascoltare sempre tutti con il massimo impegno possibile. Certo non ho mai fatto discriminazioni di alcun tipo e mi spiace che a volte qualche avversario (ma soprattutto qualche collega di centro-destra) non abbia capito che amministrare una città significa andare ben al di sopra delle opinioni politiche.
Nel 2013 ho scelto di dimettermi da sindaco perchè la mia maggioranza (come il centro-destra a livello nazionale) si era divisa, ma soprattutto sono stato spinto a farlo – e ne ho poi avuto conferma dalle indagini giudiziarie – perché alcune persone a me vicine avevano tramato contro di me diffondendo maldicenze e assurdità: una pagina brutta, una grande sofferenza e delusione che mi ha ferito profondamente.
La “Giustizia” degli uomini mi ha dato completamente ragione ma mi è rimasto il peso di essere stato costretto a lasciare un incarico al quale tenevo, dove ci mettevo il cuore senza risparmiarmi. Ci tenevo perché mi avevano eletto quei miei concittadini che, a larga maggioranza, mi conoscevano di persona e avevano avuto fiducia in me , passano gli anni ma e' una ferita che non si e' rimarginata.
Ho così concluso la mia carriera elettiva ma ho continuato nei miei impegni perché ci sono infinite cose da fare.


