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SICUREZZA: SINTESI EMENDAMENTI CDL A DECRETO ESPULSIONI
1. Premessa - La direttiva 2004/38/CE è stata redatta, e prima ancora immaginata, al fine di tutelare il cittadino comunitario dalle eventuali restrizioni di Stati membri dell'Unione del suo diritto di libera circolazione; non invece al fine di tutelare gli Stati membri dagli illeciti e dalle violazioni delle regole da parti di comunitari di altri Stati. Essa, quindi è orientata a proteggere chi si presume che entri regolarmente in un altro Stato dell'Unione, si faccia identificare, inizi a lavorare: è cioè concentrata sull'ingresso di chi vuole stabilirsi, e protegge costui da un regime di facili allontanamenti. Non è un caso che nel decreto legislativo 6 febbraio 2007 n. 30, di recepimento della predetta direttiva, si parli di "allontanamento per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno". Il termine "cessazione" fa evidente riferimento a un diritto, il diritto di "soggiorno" (non quello di mero "ingresso"), già maturato, e non più attuale in virtù del venir meno di uno dei requisiti (fra i quali il lavoro e la disponibilità di sufficienti risorse economiche) dei quali in precedenza si era in possesso.La realtà attuale deve tenere conto che invece esiste una fascia di comunitari che non hanno nessuna intenzione di farsi riconoscere, di rispettare le regole e di lavorare legalmente. La questione da porsi riguarda, cioè, chi entra nel territorio nazionale deciso a mettersi ai margini della vita sociale, con ciò stesso collocandosi fuori dall'alveo di coloro che intendono stabilirsi. La situazione di costoro, che non chiedono neanche l'iscrizione all'anagrafe, non trova diretta ed esplicita considerazione nella direttiva e nel relativo decreto di recepimento: vi è un cenno nel comma 5 dell'articolo 5 della direttiva (obbligo di dichiarare la propria presenza nel territorio nazionale), che è stato recepito dal decreto legislativo solo per la parte precettiva, ma non anche per la sanzione, e nei primi 2 commi dell'articolo 8 della direttiva, che fissano il termine per l'iscrizione all'anagrafe.
2. L'obbligo di dichiarare l'ingresso - Gli emendamenti che si intendono presentare valorizzano le disposizioni appena menzionate, e anzitutto fissano un termine improrogabile per adempiere all'obbligo a carico del cittadino comunitario, una volta entrato, di dichiarare la presenza nel territorio nazionale. Ciò in analogia con quanto avviene per gli extracomunitari, che in base al testo unico sull'immigrazione sono tenuti a dichiarare la loro presenza in questura entro otto giorni dall'arrivo. L'omessa o la ritardata dichiarazione ha come effetto che l'ingresso si presume come avvenuto da più di tre mesi. Resta salva la prova contraria a carico dell'interessato.
L'allontanamento del comunitario che non dichiara il soggiorno e non ha mezzi di sussistenza - Una prima fascia di emendamenti riguardano l'allontanamento di coloro che non hanno neanche acquisito il "diritto di soggiorno". Il provvedimento di allontanamento immediato di costoro non è precluso dalla direttiva n. 38. La direttiva 38 vieta l'immediato allontanamento solo per coloro che, avendo già maturato il "diritto di soggiorno" - perché originariamente in possesso dei requisiti di cui all'articolo 7 del decreto di recepimento -, poi hanno perduto i requisiti medesimi; la direttiva non riguarda invece chi, non avendo provveduto né a dichiarare la propria presenza né a iscriversi all'anagrafe, non può cessare da una condizione che non si è mai determinata. Gli elementi contestualmente richiesti per procedere a tanto consistono nell'omessa dichiarazione dell'ingresso e nell'assenza di qualsiasi reddito di lecita provenienza. Sono quegli elementi che in differenti occasioni anche esponenti qualificati del Centrosinistra hanno indicato come idonei a legittimare l'allontanamento immediato. Misure accessorie a tale tipo di allontanamento riguardano il divieto di reingresso e le sanzioni in caso di violazione. Il provvedimento è adottato dal prefetto del luogo di temporaneo soggiorno dell'interessato, è motivato, è notificato al medesimo interessato, ed è eseguito dal questore. L'interessato può sempre fornire la prova della sua presenza nel territorio nazionale da meno di tre mesi; in tal caso, però - scaduto il termine dei tre mesi - egli sarà tenuto a dimostrare di possedere i requisiti per il soggiorno non provvisorio.
4. L'allontanamento per ragioni di sicurezza - La seconda fascia di emendamenti razionalizza l'assetto dell'allontanamento per ragioni di sicurezza. In linea con la direttiva 38, si conferma l'immediato allontanamento, che viene eseguito dal questore, se è fondato o su una precedente decisione giudiziaria, o su motivi imperativi di pubblica sicurezza. Anche alla stregua delle perplessità sollevate da più parti sulla genericità della formulazione adoperata nel testo del decreto legge, sono precisate le ipotesi per le quali i motivi di pubblica sicurezza sono ritenuti "imperativi". Ciò accade:a) quando il comunitario è destinatario di un provvedimento di allontanamento per motivi di ordine pubblico o di sicurezza pubblica emesso da altro Stato dell'Unione e non sia decorso il periodo indicato nel divieto di reingresso, ovvero non sia stata accolta dallo Stato che ha disposto l'allontanamento la domanda di revoca del divieto di ingresso;b) quando il comunitario ha tenuto comportamenti gravi ai fini della tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica, ovvero rilevanti ai fini della tutela della sicurezza dello Stato;c) quando il comunitario ha tenuto comportamenti rientranti tra i reati elencati dall'articolo 380 del codice di procedura penale (quelli che obbligano all'arresto in flagranza di reato), nonché fra i delitti di cui agli articoli 633, 634 e 635 del codice penale (occupazione abusiva di immobili e danneggiamento), ovvero che compromettono la tutela della dignità umana o dei diritti fondamentali della persona ovvero l'incolumità pubblica, rendendo la permanenza del comunitario sul territorio nazionale incompatibile con l'ordinaria convivenza. Si propone altresì che queste condotte abbiano rilievo anche se sono state realizzate in altri Stati dell'Unione e purché segnalate alle autorità di sicurezza nazionali. I provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale sono adottati dal Ministro dell'Interno se sussistono motivi di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato, ovvero nelle ipotesi in cui destinatari del provvedimento siano cittadini comunitari che hanno soggiornato nei precedenti 10 anni nel territorio nazionale o cittadini comunitari minorenni. Sono invece adottati dal prefetto se collegati alla sicurezza pubblica. I provvedimenti del Ministro o del prefetto possono essere adottati anche su segnalazione del sindaco del luogo nel quale si trova l'interessato: ciò in un'ottica di coinvolgimento degli amministratori del territorio, che sono più vicini alla effettive esigenze dello stesso.Va ricordato che i provvedimenti del Ministro o del prefetto sono atti amministrativi e non sentenze; ben possono tenere conto (e motivare di conseguenza) della pericolosità fondata su condotte, non necessariamente ancora seguite da sentenza di condanna ma - per esempio - segnalate dalle forze di polizia, che violino norme elementari di convivenza: dai furti aggravati alle rapine, dalle estorsioni alla abusiva occupazione di immobili.
5. Altre proposte - Al fine di non porre il cittadino comunitario in posizione migliore rispetto al cittadino italiano, si propone che l'iscrizione anagrafica e il rilascio della relativa ricevuta e del documento di identità siano preceduti dai rilievi dattiloscopici dell'interessato. Questo permette di conseguire la certezza dell'identità anche per il comunitario. Disposizioni di dettaglio coordinano le norme precedenti, illustrate nelle linee di massima.
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