CONSIGLIO D’EUROPA a Strasburgo - Il sito di Marco ZACCHERA

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CONSIGLIO D’EUROPA a Strasburgo

Interventi

Quarta parte
ATTI
della ventinovesima seduta Lunedì 01 ottobre 2007-ore 15

ZACCHERA
(DOC. 11351 – 11304)
Egregi colleghi, penso che parlando di emigrazione possiamo presentare mille documenti teoricamente perfetti, ma forse dovremmo anche porci tre domande.
La prima è quanto costano tutte le associazioni, enti, istituzioni che si occupano di immigrazione e quanto delle somme stanziate dai governi finiscono effettivamente per l’aiuto diretto alle persone in difficoltà e quante invece nelle spese di organizzazione, consulenza, negli uffici e nella burocrazia. Ho il sospetto che se non si gestissero meglio queste spese si scoprirebbe che la più parte dei fondi finiscono proprio in spese improduttive.
Visto che abbiamo qui il direttore generale dell’Organizzazione Internazionale per la Migrazione (OIM) ci dia queste risposte per la sua associazione.
Il secondo aspetto è che vorrei sapere dai colleghi che mi hanno preceduto, soprattutto da quelli che più si sono lanciati in demagogiche arringhe sui “massimi sistemi” e sulla peraltro necessaria fratellanza umana che cosa bisogna fare davanti ad immigrati illegali che arrivano violando la legge e sanno di violarla, che si rifiutano di fornire le generalità, che non hanno né un lavoro né spesso possibilità di svolgerlo.
Il detenerli per un periodo provvisorio in centri che possano almeno identificarli è secondo me l’unico modo per evitare che si spargano sul territorio in maniera indiscriminata finendo nel lavoro sommerso e dando man forte poi, almeno in parte, al lavoro nero ed alla criminalità, e questo molto spesso non per volontà criminale ma come unica fonte di possibile di sostentamento anche perché senza identità non hanno diritti. Si è criticata l’Italia per questi centri paragonandoli ai lager, ma nessuno ha dato però una risposta su che cosa fare in alternativa per controllare chi viene intercetto quando entra in Europa illegalmente.
E che si fa piuttosto con chi organizza questi viaggi della disperazione, i moderni mercanti di schiavi oggi? Che si fa a livello politico con quei governi, e penso alla Libia, che vivono di questo traffico che in pratica non solo lo tollerano, ma anche lo incentivano facendolo perfino diventare arma di ricatto politico?
L’immigrazione verso il sud Europa non è un problema italiano, ma europeo e voi rappresentanti dei paesi del nord Europa siete poco attenti a quest’emergenza che poi filtra anche su di voi. Se ci aiutaste anche voi nella difesa dei confini europei e per una maggiore forma di controllo fareste anche il vostro interesse.
Credo che sia fuori discussione e che sia necessario l’aiuto umanitario e di emergenza a chi arriva, ma non possiamo poi automaticamente accogliere tutti se non riusciamo ad inserire che un numero ridotto di persone nel mercato del lavoro. Gli investimenti quindi sono da fare prima e subito nei paesi di origine dell’immigrazione anche per spiegare i problemi se si arriva come clandestini dando invece priorità a chi prepara la propria immigrazione verso l’Europa. In questo senso ricordiamoci che i continui cedimenti e le innumerevoli sanatorie che si sono succedute in Italia continueranno a fare aumentare gli arrivi dei clandestini.
E’ assurdo consegnare le “carte dei diritti”a tutti quelli che arrivano in modo irregolare, salvo in caso di asilo politico, ma gli arrivi vanno valutati caso per caso e non è un delitto ottenere e pretendere il rimpatrio obbligatorio per chi non è arrivato seguendo le leggi. Ma questo è un problema degli stati e dei governi che si devono impegnare ad osservare e fare osservare il controllo delle proprie frontiere




SESSIONE ORDINARIA 2007
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Quarta parte
ATTI della trentesima seduta Martedì 02 ottobre 2007-ore 10

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO ZACCHERA
( DOC. 11355)
Signor Presidente, colleghi sono stato in Darfur tre mesi fa. Ho visitato la situazione sia a Kartum sia nel Darfur. Ho visto e denuncio il livello ridicolo dei soldati dell’Unione Africana: soldati senza volontà, senza ordini, senza mezzi, a luglio non prendevano la paga da cinque mesi e che ovviamente stavano ben chiusi nelle loro caserme per paura, uscendo, di essere uccisi perché non avevano la possibilità di controllo neppure a pochi chilometri dai loro campi.
Poi ho visitato i campi profughi del Darfur. Ho visto, sì, che arriva il cibo, arrivano le medicine. Ma quegli uomini e quelle donne, a decine di migliaia sono stipati in campi che sono in mezzo al deserto, in mezzo al nulla. Ho visto gli occhi di quella gente. Alle cinque della sera, gli aiuti umanitari e gli assistenti vanno via, e c’è il buio perché non esiste una luce, non esiste un fuoco, non esiste la luce elettrica. C’è la paura di quelli che arrivano perché nessuno li difende.
Eppure tutti sanno che il governo del Sudan ha delle pesantissime responsabilità in questo: queste cose sono volute, non nascono per caso. Certo, ci sono stati problemi ambientali, c’è stato il problema della siccità, di queste popolazioni che si sono mosse, ma il governo sudanese ha delle responsabilità catastrofiche in questa situazione e può continuare a fare quello che vuole. La scorsa settimana, colleghi, la scorsa settimana sono stati consegnati ottanta fuoristrada ai ribelli. Tre giorni fa sono stati massacrati i soldati dell’Unione Africana, attaccati in una delle loro basi.Queste sono delle responsabilità gravi che bisogna avere il coraggio di dire. Se non siamo in grado di costringere i governanti alle proprie responsabilità, noi non contiamo nulla. Possiamo approvare tutte le risoluzioni del mondo, non cambia nulla. Il Sudan è un paese ricco, il suo sottosuolo è pieno di petrolio, i cinesi ci fanno gli affari, ora anche se poco una parte delle società europee saranno in Darfur, e se non in Darfur in altre parti del Sudan e cercheranno di partecipare anche loro all’estrazione.
Allora è indispensabile ma non serve mandare solo aiuti umanitari, bisogna costringere i governi a fare rispettare i diritti umani dei propri cittadini altrimenti anche gli aiuti umanitari servono a poco anche perché, bisogna dire, la grandissima parte delle spese è per l’organizzazione, solo una goccia arriva a destinazione. Oltre il 95% di quanto costa l’aiuto umanitario viene speso nell’organizzazione: a quella gente non va nulla, ma non c’è nulla da fare. Concludo, amici, nei campi profughi si sopravvive, non si vive. Che differenza c’è fra i conigli, che alleviamo nei nostri orti o negli allevamenti e degli esseri umani confinati senza nulla in campi da mesi, da anni. Dov’è la speranza?Io sono angosciato per la situazione in Darfur. Ho visitato nel 1994 anche il Ruanda. Era diverso là. Qui siamo in mezzo ad un deserto, non c’è nulla eppure vivono milioni di esseri umani. Come possiamo non sentirci coinvolti in questa situazione? Vi ringrazio.


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